Fino agli anni 90, da quando cioè si è avviato il processo di liberalizzazione del mercato dell’energia, la produzione di energia elettrica è stata di solo appannaggio del monopolio di Stato. Fino a quel momento e in larghissima misura ancora oggi, la rete elettrica italiana è stata esclusivamente di tipo passivo, ovvero l’energia è prodotta in grandi centrali di produzione, e trasportata per lunghe distanze fino all’utenza finale, con grosse concentrazioni di inquinamento a livello locale e grosse perdite lungo la rete di distribuzione. Una rete elettrica così formata è detta passiva poiché il flusso di energia elettrica segue sempre la direzione univoca dalla centrale in cui è prodotta fino al carico di utilizzo.
Figura 1. Schema semplificato di generazione centralizzata:
una grossa centrale elettrica rifornisce,attraverso la rete,
utenze domestiche, commerciali ed industriali.
I motivi del suo successo in passato sono dovuti al fatto che la centralizzazione della generazione creava economie di scala, rendendo relativamente a buon mercato la produzione di elettricità e la sua distribuzione. Gli elevati investimenti di capitali richiesti dalla costruzione di una gigantesca centrale di generazione e la capillare rete di distribuzione potevano essere ammortizzati solo permettendo alle società elettriche di controllare il mercato su scala nazionale. Così, in quasi tutti i paesi del mondo, l’energia elettrica era gestita come servizio pubblico, regolamentato dallo Stato come ogni monopolio naturale.
Ma negli anni Settanta e Ottanta l’infrastruttura centralizzata di generazione venne ripetutamente messa sotto accusa da chi affermava che la sua stessa dimensione la rendeva incapace di rispondere a nuove sfide come l’aumento dei costi dovuto all’embargo petrolifero arabo e il sempre più grave problema delle emissioni di CO2. Pertanto da allora si è registrato un parziale ma deciso rovesciamento nell’andamento dell’aumento delle economie di scala della produzione di elettricità che aveva portato a taglie intorno a 1000 MW per le unità più efficienti.
In Italia, nell’ultimo ventennio, il contesto energetico nazionale ha subìto alcune importanti mutazioni rispetto agli anni del boom economico:
Innanzitutto, come detto, a partire dal 1992 è stato avviato un percorso di liberalizzazioni, che ha portato a un superamento del monopolio statale dell’energia elettrica, in favore di un regime (tuttora imperfetto) di concorrenza tra aziende energetiche, e che ha offerto anche al singolo cittadino la possibilità di diventare un produttore di energia.
In secondo luogo, il processo di elettrificazione del Paese è pienamente concluso; semmai si deve valutare oggi l’opportunità di un graduale smantellamento di centrali elettriche e tralicci dell’alta tensione in località di particolare valore ambientale e storico-paesaggistico.
Questa situazione sta portando a un radicale ripensamento delle modalità di produzione, consumo e distribuzione dell’energia.
Dal punto di vista del numero e della densità delle linee elettriche l’Italia, come nel resto d’Europa, non ha molti problemi. Il problema principale è l’obsolescenza delle linee, spesso antichissime e con perdite gravi di energia lungo il trasporto e per questo motivo una percentuale non trascurabile dell’energia prodotta viene dispersa lungo le reti elettriche, e non arriverà mai a nessuna destinazione.
A complicare la situazione, sta intervenendo lo sviluppo di nuove forme di produzione di energia, ovvero le fonti rinnovabili. Nei prossimi anni, saranno sempre di più i consumatori che diventeranno anche produttori grazie alla direttiva europea che ha incentivato l’uso di energia alternativa. Questo comporta la transizione da un sistema centralizzato ad uno decentralizzato, caratterizzato da un numero elevato di piccoli impianti situati in luoghi anche sperduti. L’energia prodotta da queste fonti deve essere collegata alla rete di distribuzione più vicina, ma le attuali reti sono state concepite e progettate per un servizio di tipo passivo e in reti siffatte la connessione di qualche unità di generazione dispersa crea problemi che sono facilmente superabili, ma se diventa elevata la penetrazione di questi impianti, i flussi di potenza possono invertirsi e diventare bidirezionali.
I principali problemi sono:
– l’immissione di generazione distribuita comporta un incremento dei livelli di corrente di cortocircuito e la perdita di selettività delle protezioni in corrispondenza a guasti sulla rete, cosicché i dispositivi e le modalità di protezione adottati finora non sono più validi e devono essere modificati.
– Nelle reti passive esiste una modalità di regolazione della tensione che riesce a calibrare entro limiti stabiliti i profili di tensione dalla partenza all’arrivo delle linee. Nel momento in cui si connette alla rete un generatore disperso nel territorio, questi profili vengono modificati e la tensione non è più controllabile. Occorrono perciò nuove strategie di controllo.
– Gli impianti da fonte rinnovabile sono considerati sorgenti intermittenti di elettricità: ad essi viene attribuita la capacità di fornire un flusso di energia nel tempo, ma non la capacità di garantire nello stesso tempo un qualche livello di potenza costante. Il sistema di controllo della rete vede il contributo intermittente di tali impianti come un disturbo del livello di potenza con cui sta fronteggiando il carico e quindi interviene per compensare le oscillazioni.
Da ciò si evince chiaramente come la rete elettrica sia il vero collo di bottiglia del sistema elettrico non solo italiano ma europeo, ostacolando il pieno sviluppo delle fonti alternative.
Nonostante vi siano quindi grossolani impedimenti nell’attuale rete elettrica al suo completo sviluppo e alla piena diffusione, l’unica soluzione possibile alle nuove richieste di mercato risulta essere la generazione distribuita: non più dunque grandi centrali collegate a grandi reti, bensì più unità produttive, che possono essere campi eolici o fotovoltaici, biomasse, centrali cogenerative, di piccole e medie dimensioni distribuite in maniera omogenea lungo tutto il territorio a cui la rete asserisce, collegate direttamente all’utenza finale e generalmente a basso voltaggio.
Il maggiore vantaggio di questo sistema di generazione risulta essere certamente quello della minore lunghezza delle reti di distribuzione e trasmissione dell’energia elettrica con un conseguente minor costo di distribuzione. Infatti la vicinanza di piccole centrali alle utenze finali consente un minor trasposto lungo i tralicci da cui ne deriva una minore dispersione dell’energia lungo la rete di distribuzione. L’energia, inoltre, viene trasmessa in alta tensione e quindi è d’obbligo l’utilizzo di trasformatori i quali, anch’essi, introducono ulteriori dispersioni, oltre a quelle lungo i tralicci. Il problema della dispersione in Italia oggi non è certo da trascurare poiché l’energia persa rappresenta circa il 10% sul totale fabbisogno. Inoltre la vicinanza al consumo finale di più centrali di produzione di piccola e media taglia interconnesse tra loro determina una maggiore affidabilità della rete, basti pensare che nell’eventualità che in una qualsiasi di esse possa sopraggiungere un malfunzionamento, la fornitura dell’energia non soffrirebbe di interruzioni poiché il carico richiesto sarebbe garantito dalle altre centrali rimaste in azione. Eventuali black out dovuti ad esempio a cattive condizioni meteorologiche come neve, pioggia o raffiche di vento, che spesso sono causa guasti lungo i cavi sorretti dai tralicci, ma anche tempeste magnetiche che inducono correnti dannose nelle linee di trasmissione, in un sistema a generazione distribuita potrebbero essere scongiurati con conseguente risparmio di danni economici catastrofici specie se verificatisi nelle ore di richiesta maggiore.
E l’aspetto della insensibilità di questo tipo di rete a forti variazioni nell’assetto di produzione dell’energia è di fondamentale importanza specie per l’utilizzo di fonti rinnovabili, la cui produzione è spesso garantita in modo discontinuo ed in ogni caso variabile nel tempo. Se davvero in futuro si vorrà dare vigore e impeto alla crescita di questo settore, che sembra essere l’unica via percorribile per il rispetto dell’ambiente, risulta necessario un rete a generazione distribuita.
Infine la minore dimensione degli impianti, seppur penalizzando le economie di scala garantisce efficienza sicuramente maggiore, si passa da valori di circa il 35-40% per le grandi centrali ad un massimo dell’ 80% per le centrali di media taglia in assetto cogenerativo.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.